La Verità su Ilaria Di Roberto, una millantatrice senza scrupoli alla ricerca di arrivismo.
State attenti alla finta vittima Ilaria Di Roberto. Una Malata di mente in cerca di visibilità e notorietà che si finge una vittima mentre in realtà ha commesso ogni sorta di reato.
SMENTITE DALLA MAGISTRATURA LE ACCUSE E LE CALUNNIE DI ILARIA DI ROBERTO CONTRO IL DOTTOR MARZADURI MARCO ROBERTO MARIA
Nel presente documento il Giudice Archivia e Invalida tutte le denuncie presentare da Di Roberto Ilaria contro il Dottor Marzaduri Marco Roberto Maria. (Denuncie che la Di Roberto ha presentato per usare la luce riflessa del Marzaduri, noto Psicologo andato in onda su Report di RAI 3 https://marzaduri.com, per la falsa campagna pubblicitaria della Di Roberto https://www.leggo.it/t/ilaria-di-roberto-emilio-orlando/).
A seguire pubblicheremo la citazione e la richiesta al P.M. di imputazione coatta della Sig.ra Ilaria Di Roberto da parte del Dottor Marzaduri Marco Roberto Maria.
E ancor prima il Decreto Ingiuntivo Immediatamente Esecutivo emesso in favore del Marzaduri per i debiti della Di Roberto verso lo stesso.
E così la Di Roberto per chi la conosce il Verme ha finito con le sue calunnie in cerca malata di notorietà perché fermata dalla Magistratura.
A seguire una delle Denunce contro ILARIA DI ROBERTO.
LL. MO SIG. PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI LATINA
Intende portare a conoscenza dell’Ill.mo Procuratore della Repubblica quanto segue.
Il Marzaduri, psicologo di rinomata fama, nonché ipnotista specializzato titolare della CORNELIO LTD, proprietaria del marchio Studio Esoterico Cornelio, di cui si allega alla presente segno distintivo, si ritrova, oggi, vittima di diffamazione a mezzo internet, che inevitabilmente incide sulla sua professione, ma soprattutto sulla reputazione del suo marchio. Viene, nondimeno, denigrata la sua immagine, associando la figura del suo marchio a quella di appartenente ad una cybersetta, cosa quest’ultima assolutamente falsa.
Ebbene, navigando in rete, tra i tanti articoli di giornale, si è avuto modo di prendere visione di una foto, laddove è raffigurato un tatuaggio, da identificarsi come segno distintivo della cybersetta, di cui tale Di Roberto Ilaria ritiene di essere vittima, che seppur oscurato nei nomi, risulta comunque identificabile e riconducibile allo scrivente. Si ritiene che ciò leda fortemente l’onore del rappresentato marchio, in quanto infanga una figura che da anni opera nel settore e che da anni riscuote non pochi consensi. Ciò al fine precipuo di dissociarsi da qualsivoglia calunnia che si sta in questo momento perpetrando, per i motivi che di seguito verranno esplicati.
Tuttavia, si vuole preliminarmente illustrare quelli che furono i rapporti tra la Di Roberto ed il proprietario del marchio, i quali sono ampiamente illustrati in una querela illo tempore depositata presso la Procura di Latina che qui si intende richiamare ed allegare. Ebbene, tutto ciò che è stato fantasiosamente illustrato dalla Di Roberto non è assolutamente corrispondente al vero, in quanto lo scrivente non avrebbe avuto alcun interesse a compiere simili condotte, ma bensì è stata la Di Roberto a perpetrare prima delle vere e proprie diffamazioni, per come illustrato in querela, ed oggi delle celate calunnie, stante la consapevolezza di questa della totale assenza di qualsivoglia condotta penalmente rilevante in capo al titolare del marchio, che ella ha inteso rendere pubblico, seppur velatamente, attraverso la messa a disposizione di quella foto. Ma vi è di più, siffatte illazioni non hanno ragione di essere, posto che il credito vantato dalla Cornelio LTD era sorretto da un titolo di credito debitamente sottoscritto dalla Di Roberto, ed appare un fuor d’opera che ella non si fosse resa conto della firma neppure in seguito, soprattutto allorquando, perpetrando delle condotte diffamatorie con i clienti dello studio per il quale ella aveva sottoscritto il pagamento tramite cambiale delle quote che avrebbe voluto acquisire, attuava delle condotte atte a far comprendere in modo lapalissiano la sua consapevolezza. E difatti, le diffamazioni che ha perpetrato nei confronti dei detentori del marchio, fanno assolutamente escludere che lei sia stata obbligata a sottoscrivere delle cambiali, ma ciò è ulteriormente dal tenore dei messaggi audio che la stessa inoltrava al proprietario del marchio. Ebbene, il tenore di questi messaggi audio, tutto fanno intendere, tranne che ella fosse vittima di minacce, soprattutto se si considera che è evidente dal tenore delle stesse l’introito economico che la stessa percepiva dalle commissioni con i clienti che ella svolgeva per conto dello studio, ma ancor più l’entusiasmo con il quale comunicava il procaccio dei clienti fanno escludere a priori quella coartazione e soggezione tipiche nel soggetto passivo che subisce minacce, ma ancor più che è costretto a sottoscrivere un titolo di credito. E difatti se ciò fosse stato vero, non appena resasi conto ella, di certo non avrebbe continuato a procacciare clienti, ma soprattutto ad usare la carta di credito POS dello stesso titolare del marchio che a suo dire l’avrebbe minacciata. Ebbene, ciò è evincibile dal tenore di alcuni audio, laddove la stessa esplicitamente dà conto dei prelievi che avrebbe effettuato, con ciò dimostrandosi la sua assoluta consapevolezza, nonché spirito di collaborazione, per nulla simbolo di minaccia alcuna.
Ma vi è di più, posto che la stessa ha inteso direttamente affermare che qualora non avesse ricevuto la restituzione delle cambiali avrebbe adito le vie legali attraverso denuncia, con ciò dimostrando di avere un ben preciso disegno criminoso, atto a pregiudicare coloro con i quali avrebbe debitamente preso gli accordi, con ciò dimostrando l’assoluta assenza di ogni scrupolo. Ma in più, la Di Roberto non incontrò mai il Dott. Marzaduri per essere sottoposta alle fantomatiche sedute di ipnosi e difatti ella firmò le cambiali alla presenza dell’Avv. Federica Pecorilli, con studio in Latina alla via Bramante n. 28.
Ebbene alla luce di tutto ciò si ritiene che debbano essere intrapresi i dovuti provvedimenti al fine di evitare il perpetrarsi di ulteriori condotte dannose.
Quanto, inoltre, ai presunti furti di immagine, si precisa che ciò è avulso da qualsiasi realtà, e difatti la storiella inventata dalla Di Roberto circa la questione dei video revenge porn.
Ebbene, a tal proposito si vuole evidenziare come sia stata la stessa Di Roberto, nell’ambito di alcune conversazioni (che si allegano alla presente) a ribadire come lei stessa ne fosse a conoscenza, anzi, appare in modo del tutto evidente come ella ribadisca, addirittura, di aver avuto contatti con questi ambienti, ancor prima di entrare in collaborazione con lo Studio di cui lo scrivente ne è titolare. Dimostrando, pertanto, un’assoluta dimestichezza con tale mondo e non corrispondendo pertanto al vero il suo paventato e lamentato furto di immagine.
Ma altrettanto fantasiosa appare l’allusiva costrizione alla firma di perizie giurate, intanto perché lo si ricordi che la responsabilità penale essendo personale non può essere sic et simpliciter affermarsi di essere stati costretti, senza apporre alcuna prova, ma soprattutto senza considerare che non era assolutamente interesse della Cornelio Ltd ottenere delle perizie giurate da parte della Di Roberto; ciò in quanto la stessa Cornelio LTD è già munita dei propri consulenti esperti e qualificati. Ma vi è di più. Perché è proprio in questo contesto che deve inserirsi il tenore del tatuaggio che ella ha così tanto tacciato di obbligo da parte dei suoi presunti carnefici. Ebbene, appare del tutto evidente che mai nessuno nella perpetrazione di un reato, innanzitutto, voglia lasciare un segno così evidente e distintivo (si pensi a tal proposito ogni studio psicologico volto a dimostrare come ogni potenziale carnefice tenda a nascondere i propri misfatti), ma ancor più si sostiene che la Di Roberto lo abbia fatto proprio perché consapevole del valore di quel simbolo, valore da intendersi in questa sede quale valore economico: difatti è stata la stessa Di Roberto a stimare il valore di quel simbolo in otto milioni di euro, pertanto è del tutto plausibile che lo abbia fatto per il valore e prestigio di questo e non già per una costrizione volta a marchiarla, come la stessa in modo del tutto calunnioso sostiene.
Ma ancor di più, la Di Roberto usava le carte intestate al Marzaduri e percepiva da queste denaro al precipuo fine di eludere le legislazioni in materia di reddito. E difatti la stessa percependo il c.d. reddito di cittadinanza se avesse operato quelle manovre di denaro con carte e conti ad ella intestate avrebbe perso tale beneficio e quindi il suo disegno criminoso va ben oltre la semplice calunnia e diffamazione.
Pertanto, in ultima analisi, al solo fine di dimostrare la personalità della Di Roberto si rappresenta come ella non sia per niente impressionabile, basti guardare le minacce e le diffamazioni che la stessa ha perpetrato nei confronti di tale Violetta Labanca, di cui si allegano gli screenshot e che smascherano assolutamente il finto vittimismo di cui ella si è tacciata al fine di cercare di porre rimedio, una volta scoperti tutti i suoi piani.
È per tutti questi motivi che il Dott. Marzaduri richiede l’immediato intervento delle autorità a ciò preposte affinchè vengano rimosse le informazioni diffamanti di cui il suo marchio è vittima, chiedendo sin da ora che si possa fare il possibile al fine di evitarne anche di future. E si sollecita, inoltre, un intervento al fine di ELIMINARE il diretto riferimento al simbolo del marchio di cui il Marzaduri ne è titolare. Si sollecita la piattaforma Google a tal proposito.
Tanto premesso, il sottoscritto Marzaduri Marco Roberto Maria
SPORGE FORMALE QUERELA
Con istanza di punizione nei confronti della Sig.ra Ilaria Di Roberto, per il reato di cui all’art. 595 c.p. e per tutti quei reati che dovessero emergere nel corso delle indagini con riferimento al fatto suesposto.
Con riserva di costituzione di parte civile per il risarcimento dei danni materiali e morali subiti in conseguenza delle condotte sopra descritte, il sottoscritto resta a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento dovesse rendersi necessario e chiede che la S. V. intervenga nella maniera più celere possibile nei confronti della predetta al fine di evitare ulteriori conseguenze del reato.
Dichiara di eleggere domicilio legale in Ferrara presso lo Studio Legale dell’Avv. Daniele Bertaggia del foro di Ferrara, sito in via Giorgio Caselli, n. 11/b.
Backup di uno dei tanti profili Facebook del cybertroll Ilaria Di Roberto scaricabile al link: https://t.me/ilariadiroberto/13
A seguire Denuncia per associazione a delinquere e Stalking contro Ilaria Di Roberto, Chiara Di Roberto, Giuliana Pistilli rispettivamente sorella e madre di Ilaria Di Roberto, e Graziano Menghi e suo figlio Alberto Menghi
ILLUSTRISSIMO SIG. PROCURATORE DELLA REPPUBBLICA
Io sottoscritto Dott. Marzaduri, con il presente atto propongo formale
DENUNCIA-QUERELA
Contro Menghi Graziano nato a Riccione il 21\01\1957 con codice fiscale:
MNGGZN57A21H274J, Di Roberto Ilaria nata a Cori (LT) il 22\09\1990 ed ivi residente in
Piazza A. Marchetti n°2, Di Roberto Chiara nonché contro
Pistilli Giuliana (rispettivamente sorella e madre della Di Roberto Ilaria) per i reati di cui agli artt.
416 c.p. nonché 110 c.p.. 595, comma 3, c.p. (in virtù dell’espressione ivi inserita secondo la quale la diffamazione è aggravata se compiuta con “qualsiasi altro mezzo di pubblicità”; se la condotta dell’autore inequivocabilmente individuato è offensiva dell’altrui reputazione ed esplica i suoi effetti mediante strumenti di comunicazione c.d. aperti, ossia accessibili a chiunque, senza particolare formalità. Sul punto, la giurisprudenza e la dottrina hanno sostanzialmente raggiunto un orientamento, consolidato nei suoi tratti essenziali, secondo il quale internet, intesa in senso lato, rappresenta un sistema di divulgazione delle informazioni veicolate che consente l’applicabilità della disposizione di cui all’art. 595, comma 3, c.p.) 615 ter c.p., 617 c.p. nonchè per illecito trattamento di dati sensibili, furto di identità con sostituzione di persona, violazione di sistemi informatici e violazione della privacy nonchè per tutti quei reati che la S.V. Ill.ma ravviserà dall’esposizione dei seguenti
fatti:
PREMESSO IN FATTO
Preliminarmente si rileva che sia il Menghi che le Di Roberto e la Pistilli hanno pubblicato vari post dal contenuto altamente diffamatorio su vari profili aperti sul social Facebook; gli stessi hanno anche aperto un sito web a mio nome divulgando informazioni assolutamente non veritiere e dal contenuto gravemente diffamatorio.
Sito web al link:marcomarzadurifalsopsicologo.com
Inoltre, a seguito di varie segnalazioni da parte dei miei contatti telefonici mi accorgo nel 2017 che il mio cellulare presenta dei problemi tanto da farmi sospettare che qualcuno lo gestisca per conto mio.
Dunque, successivamente, sottopongo il dispositivo ad un’ analisi forense compiuta da un esperto di parte, il dott. Stefano Antonio Amico, analista informatico forense iscritto all’Albo dei Periti del Tribunale di Catania, in effetti, sottopone il mio dispositivo mobile a perizia al fine di identificare e cristallizzare evidenze digitali inerenti software di controllo remoto installato sul sistema.
Svolgendo tali difficoltose operazioni tecniche, l’esperto rinviene la presenza del software di controllo remoto/teleassistenza TeamViewer nella sua versione Quick Support, il quale consente, in modalità presidiata e non, di operare sullo stesso senza l’intervento di colui che lo detiene fisicamente.
Egli conclude che, oltre a tale software, è stata riscontrata la presenza di un software malevolo e /o configurazioni di sistema tali da impedire estrazioni forensi di tipo
fisico.
Per una ricostruzione più dettagliata dell’analisi forense allego il documento in versione completa.
Tuttavia, tali diffamazioni non finisco con tale singolo episodio e difatti, il Sig. Menghi ha continuato a diffamare il Dott. Marzaduri. Orbene, la conferma che già dal 2017 fosse il Sig. Menghi a diffamare il Marzaduri e ad avere il controllo delle proprie utenze è dato dalle ulteriori diffamazioni più recenti che di seguito si riporteranno. Ma ancor più il tutto è riconducibile al Menghi posto che proprio in quel periodo si inaspriscono tra i due rapporti, stante la competizione lavorativa creatasi.
E difatti navigando in rete si trovano delle vere e proprie diffamazioni ma soprattutto persecuzioni di cui il Marzaduri si ritrova vittima.
Ci si riferisce innanzitutto alla telefonata che è stata divulgata dal Menghi, nella quale perpetra delle VERE E PROPRIE MINACCE nei confronti sia del Marzaduri che del di lui difensore. Ma vi è di più perché il Menghi ancor più minaccia espressamente un male ingiusto ai conversanti ed offendendo ancor più l’onore di un professionista, il quale alla stregua di un mandato difensivo ha esposto ciò che il cliente ha correttamente e con prove dimostrato al fine di predisporre formale querela. Ma ancor più viene offeso l’onore del Marzaduri allorquando il Menghi intende pubblicamente attraverso un noto social network quale Facebook divulgare delle informazioni offensive nonché false relative al Marzaduri, alludendo che lo stesso sia stato destinatario di TSO, ma ancor più definendolo schizofrenico. Ebbene, tutto ciò si ritiene che oltre che diffamatorio sia il risultato di un ben definito disegno criminoso del Menghi, il quale perseguitando il tal modo il Marzaduri ne ha minato la tranquillità psichica facendo concretamente temere allo stesso per la propria incolumità e di coloro che lo circondano, integrando pienamente gli estremi del reato di stalking.
È, difatti, ben possibile rilevare come, navigando in rete vi si ritrovino delle informazioni diffamanti sul Marzaduri. Il tutto appare ingiusto dal punto di vista umano, ma soprattutto lesivo dei diritti costituzionalmente garantiti. È, nondimeno, compito del nostro ordinamento tutelare l’immagine di ogni singolo cittadino, quale portatore di diritti costituzionalmente garantiti (a dimostrazione di ciò si allegano alla presente gli screen estratti dal social network, nonché le registrazioni delle telefonate infanganti). Alla luce di tale relazione e verificando numerosi dati presenti sul mio cellulare, tra cui files audio video e immagini, ho potuto constatare che effettivamente il mio dispositivo veniva gestito completamente da altre persone che entravano in contatto con clienti e persone a me vicine tramite e-mail, chiamate vocali e messaggistica, avendo appunto preso piena gestione del mio dispositivo. Inizialmente credevo si trattasse di terzi ma in realtà scopro adesso in base a ulteriori tentativi di intromissione riconducibili a Graziano Menghi, tramite minacce da parte dello stesso, e ulteriori attacchi hacker svolti persino a carico del mio Avvocato Difensore di fiducia Daniele Bertaggia del foro di Ferrara, documentati nell’ulteriore perizia dott. Stefano Antonio Amico, analista informatico forense iscritto all’Albo dei Periti del Tribunale di Catania.
La vicenda sopra esposta rientra nella categoria dei cosiddetti “Reati Informatici”, ossia reati compiuti per mezzo o nei confronti di un sistema informatico, cioè un personal computer, ovvero di un sistema telematico, cioè una rete di computers. Rispetto ai delitti informatici, il legislatore è intervenuto con la lg. n. 547/93, per introdurre nuove figure di reato nel codice penale; con la lg. 269/98 e 38/2000 per punire la pedopornografia; con il d.lgs 196/2003 per punire la violazione della privacy; con la lg 128/2004 per la tutela del diritto d’autore; con due d.lg, nel 2001 e nel 2005, poi convertiti in legge, per prevenire e contrastare il terrorismo internazionale; altre fonti sono riscontrabili per la regolamentazione dell’ecommerce, della proprietà industriale, e delle scommesse online.
In particolare il primo comma dell’art. 615 ter c.p. prevede che: “Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.”
La norma va a disciplinare la lesione del domicilio informatico e secondo una tesi avanzata in dottrina, il legislatore mirerebbe ad introdurre la figura del «domicilio informatico» inteso come un’espansione ideale dell’area di rispetto pertinente al soggetto interessato. Ciò che si vuole tutelare sarebbe quindi una sorta di privacy informatica, ancor prima di verificare se siano state attaccate l’integrità e la
riservatezza dei dati.
L’accesso abusivo si concretizza non appena vengono superate le misure di sicurezza del sistema, infatti l’art. 615 ter c.p. punisce la semplice intrusione ancor prima di valutare l’ipotesi di danneggiamento o furto dei dati.
Inoltre detta condotta viola la privacy accedendo in maniera illegittima al mio dispositivo e sostituendosi a me nelle conversazioni e nei rapporti con i miei contatti telefonici, disponendo in maniera illecita dei dati presenti sul mio dispositivo al fine di diffonderli ed utilizzarli senza il mio consenso.
Controllare il telefono altrui non solo incide sul bene primario dell’autodeterminazione della persona nella sfera delle relazioni umane, ma “è una violazione del diritto di riservatezza”.
Accedere senza autorizzazione ad un dispositivo col fine di monitorare da remoto senza disporre dell’accesso fisico al cellulare in questione e ottenere quindi il report della attività dello smartphone è assolutamente illegale e lesivo della mia sfera privata e personale, tanto da riflettersi in maniera negativa sui miei rapporti di lavoro.
Inoltre tali condotte sembrerebbero rientrare nella fattispecie ex art. 617 c.p. “Chiunque, fraudolentemente prende cognizione di una comunicazione o di una conversazione, telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o comunque a lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce è punito con la reclusione da sei mesi a quattro
anni.”
A tutto quanto sin qui richiamato ed espresso si riportano tutte le querele già precedentemente e formalmente depositate nei confronti dei soggetti richiamati, con particolare riferimento soprattutto alla Sig.ra Ilaria di Roberto, la quale non si è riservata nemmeno di offendere la collaboratrice dello scrivente, fino a costringerla a sporgere formale querela.
Le diffamazioni della Di Roberto vengono perpetrate anche e soprattutto sulla sua pagina Facebook https://www.facebook.com/violenzapsicologicailaria/, laddove vengono perpetrate delle vere e proprie offese all’onore ed alla reputazione dello scrivente. Pertanto se ne chiede l’intervento delle autorità competenti affinché provvedano ad oscurarne il contenuto.
Espressamente si chiede, per la tutela dello scrivente, che venga disposto l’oscuramento del sito marcomarzadurifalsopsicologo.com
Ancor più le condotte del Sig. Menghi sono volte a coinvolgere soggetti terzi con velate minacce di azioni giudiziarie nei loro confronti e questo al solo fine di arrecare nocumento al Marzaduri. Non fermandosi qui il Menghi sta contattando svariate persone tratte dalla rubrica del Marzaduri cercando, anche tramite minaccia a suddette persone, di diffamare, denigrare lo scrivente al fine di adescarele per denunciare ingiustamente il Marzaduri. In allegato una registrazione segnalata da una conoscente del Marzaduri che si è trovata contattata dal Menghi Graziano in data 3 Gennaio 2020. Ebbene si ritiene che tali condotte debbano necessariamente inquadrarsi nella fattispecie di cui all’articolo 612 bis cp, in quanto minano la serenità del Marzaduri, il quale, ad oggi, vive in una situazione di estremo sconforto, stante la guerra mediatica a cui è sottoposto. Per queste ragioni si chiede l’intervento delle autorità competenti anche per mezzo di misure cautelari che possano in qualche modo porre fine a tali ingiustizie.
CONSIDERAZIONI GIURIDICHE
La dottrina già nel 1999 aveva individuato il modello in grado di identificare obblighi giuridici posti a fondamento di una responsabilità concorsuale ex art. 110
c.p. per contributo omissivo di partecipazione richiamando il sistema delineato dalla legge sulla tutela dei dati personali ex legge n. 675 del 1996, in virtù dell’ampia definizione del concetto di ‹‹trattamento›› e dell’ampia definizione della locuzione “dati personali”. Autorevolmente si era sostenuto che potesse sussistere responsabilità a titolo di omissione per l’offesa all’altrui reputazione realizzata tramite la diffusione di dati sensibili se i dati fossero stati trattati e conseguentemente resi accessibili ai terzi in violazione delle prescrizioni imposte dalla normativa (previo consenso del titolare dei dati, notifica o autorizzazione delle autorità competenti), se la condotta oltre a ledere la riservatezza ledesse anche l’onore e la dignità della persona offesa. Proprio sotto il profilo causale, quindi, il fatto di reato sarebbe addebitabile a tutti i concorrenti laddove esso non si sarebbe realizzato concretamente con quelle modalità, essendo irrilevanti “i processi causali ipotetici che avrebbero eventualmente operato al posto di quello reale”, bensì emergendo le modalità di propagazione così come
verificatesi e accertate hic et nunc.
Sotto il profilo psicologico, si osserva come invece sia sufficiente anche in tema di diffamazione il semplice dolo eventuale da intendersi come minima consapevole accettazione del rischio. Ciò non significa che sia sufficiente dimostrare la semplice supposizione del fatto illecito altrui che può rappresentare solo un neutro segnale di allarme, essendo necessaria la prova dell’effettiva rappresentazione della diffamazione in capo all’autore fondata, ad esempio, sui seguenti elementi: evidenza del contenuto diffamatorio, il tempo di permanenza nel sistema ecc.ecc.
Quindi costituendo, in maniera evidente, i superiori fatti reati previsti e puniti dal codice penale, chiedo la punizione del colpevole riservandomi sin d’ora di costituirmi parte civile nell’instaurando processo penale e di essere informato qualora la SV. decidesse di richiedere l’archiviazione e ciò al fine di proporre eventuale opposizione. Ai sensi dell’art. 459 c.p.p. dichiaro di oppormi all’eventuale richiesta di emissione di decreto penale di condanna che potebbe proporre il Pubblico Ministero procedente.
Documenti tutti allegati
1) Perizia legale forense da parte del Dott. Stefano Antonio Amico rigurdo il controllo remoto non presidiato del dispositivo, come citato in querela.
2) Perizia legale forense da parte del Dott. Stefano Antonio Amico riguardo l’intromissione informatica nella casella di posta elettronica certificata dell’Avvocato Daniele Bertaggia, difensore di fiducia del Marzaduri, al fine di mandare un ( trojan ) ovvero un virus di controllo remoto allo scrivente tramite la PEC dell’avv. Bertaggia.
3) Cristallizazione con programma forense da parte del Dott. Stefano Antonio Amico di alcune delle diffamazioni pubblicate dal Menghi Graziano su Facebook.
4) Copia Denuncia – Querela presentata alla Procura di Latina Versus Di Roberto Ilaria con allegati.
5) Copia Ulteriore Denuncia – Querela presentata alla procura di Latina Versus Di Roberto Ilaria con allegati.
6) Copia Denuncia – Querela presentata alla Procura di Rimini contro Menghi Graziano, Menghi Alberto e Giuliana Giulietti, rispettivamente figlio e moglie di Graziano Menghi.
7) Copia della querela della Segretaria del Marzaduri, Maria Teresa Farina, Versus Di Roberto Ilaria
8) Screenshot di alcune delle tante diffamazioni online di Menghi e della Di Roberto.
9) Chiave USB contenente:
A) Prove meccaniche (ovvero registrazioni inviate allo scrivente da Di Roberto Ilaria con messaggi vocali WhatsApp)
B) Prove meccaniche (ovvero il download in mp3 del video reso pubblico da
Graziano Menghi che contiene anche la telefonata intercorsa fra il Menghi e l’Avvocato del Marzaduri: Daniele Bertaggia)
C) Registrazione segnalata allo scrivente da una conoscente del Marzaduri, di una telefonata tra la conoscente e il Menghi Graziano che prova i tentativi da parte del Menghi di adescamento e diffamazione contro il Marzaduri