Marco Marzaduri e le calunnie di Ilaria Di Roberto

A seguire Denuncia per associazione a delinquere e Stalking contro Ilaria Di Roberto, Chiara Di Roberto, Giuliana Pistilli rispettivamente sorella e madre di Ilaria Di Roberto, e Graziano Menghi e suo figlio Alberto Menghi

Per aver creato il sito che contiene unicamente falsità e calunnie denunciati in querela. Sito che sostiene follemente che il Dott. Marzaduri sia un falso psicologo.


ILLUSTRISSIMO SIG. PROCURATORE DELLA REPUBBLICA
Io sottoscritto Dott. Marzaduri, con il presente atto propongo formale
DENUNCIA-QUERELA
Contro Menghi Graziano nato a Riccione il 21\01\1957 con codice fiscale:MNGGZN57A21H274J, Di Roberto Ilaria nata a Cori (LT) il 22\09\1990 ed ivi residente inPiazza A. Marchetti n°2, Di Roberto Chiara nonché controPistilli Giuliana (rispettivamente sorella e madre della Di Roberto Ilaria) per i reati di cui agli artt.416 c.p. nonché 110 c.p.. 595, comma 3, c.p. (in virtù dell’espressione ivi inserita secondo la quale la diffamazione è aggravata se compiuta con “qualsiasi altro mezzo di pubblicità”; se la condotta dell’autore inequivocabilmente individuato è offensiva dell’altrui reputazione ed esplica i suoi effetti mediante strumenti di comunicazione c.d. aperti, ossia accessibili a chiunque, senza particolare formalità. Sul punto, la giurisprudenza e la dottrina hanno sostanzialmente raggiunto un orientamento, consolidato nei suoi tratti essenziali, secondo il quale internet, intesa in senso lato, rappresenta un sistema di divulgazione delle informazioni veicolate che consente l’applicabilità della disposizione di cui all’art. 595, comma 3, c.p.) 615 ter c.p., 617 c.p. nonchè per illecito trattamento di dati sensibili, furto di identità con sostituzione di persona, violazione di sistemi informatici e violazione della privacy nonchè per tutti quei reati che la S.V. Ill.ma ravviserà dall’esposizione dei seguentifatti:PREMESSO IN FATTOPreliminarmente si rileva che sia il Menghi che le Di Roberto e la Pistilli hanno pubblicato vari post dal contenuto altamente diffamatorio su vari profili aperti sul social Facebook; gli stessi hanno anche aperto un sito web a mio nome divulgando informazioni assolutamente non veritiere e dal contenuto gravemente diffamatorio.Sito web al link:marcomarzadurifalsopsicologo.comInoltre, a seguito di varie segnalazioni da parte dei miei contatti telefonici mi accorgo nel 2017 che il mio cellulare presenta dei problemi tanto da farmi sospettare che qualcuno lo gestisca per conto mio.Dunque, successivamente, sottopongo il dispositivo ad un’ analisi forense compiuta da un esperto di parte, il dott. Stefano Antonio Amico, analista informatico forense iscritto all’Albo dei Periti del Tribunale di Catania, in effetti, sottopone il mio dispositivo mobile a perizia al fine di identificare e cristallizzare evidenze digitali inerenti software di controllo remoto installato sul sistema.Svolgendo tali difficoltose operazioni tecniche, l’esperto rinviene la presenza del software di controllo remoto/teleassistenza TeamViewer nella sua versione Quick Support, il quale consente, in modalità presidiata e non, di operare sullo stesso senza l’intervento di colui che lo detiene fisicamente.Egli conclude che, oltre a tale software, è stata riscontrata la presenza di un software malevolo e /o configurazioni di sistema tali da impedire estrazioni forensi di tipofisico.Per una ricostruzione più dettagliata dell’analisi forense allego il documento in versione completa.Tuttavia, tali diffamazioni non finisco con tale singolo episodio e difatti, il Sig. Menghi ha continuato a diffamare il Dott. Marzaduri. Orbene, la conferma che già dal 2017 fosse il Sig. Menghi a diffamare il Marzaduri e ad avere il controllo delle proprie utenze è dato dalle ulteriori diffamazioni più recenti che di seguito si riporteranno. Ma ancor più il tutto è riconducibile al Menghi posto che proprio in quel periodo si inaspriscono tra i due rapporti, stante la competizione lavorativa creatasi.E difatti navigando in rete si trovano delle vere e proprie diffamazioni ma soprattutto persecuzioni di cui il Marzaduri si ritrova vittima.Ci si riferisce innanzitutto alla telefonata che è stata divulgata dal Menghi, nella quale perpetra delle VERE E PROPRIE MINACCE nei confronti sia del Marzaduri che del di lui difensore. Ma vi è di più perché il Menghi ancor più minaccia espressamente un male ingiusto ai conversanti ed offendendo ancor più l’onore di un professionista, il quale alla stregua di un mandato difensivo ha esposto ciò che il cliente ha correttamente e con prove dimostrato al fine di predisporre formale querela. Ma ancor più viene offeso l’onore del Marzaduri allorquando il Menghi intende pubblicamente attraverso un noto social network quale Facebook divulgare delle informazioni offensive nonché false relative al Marzaduri, alludendo che lo stesso sia stato destinatario di TSO, ma ancor più definendolo schizofrenico. Ebbene, tutto ciò si ritiene che oltre che diffamatorio sia il risultato di un ben definito disegno criminoso del Menghi, il quale perseguitando il tal modo il Marzaduri ne ha minato la tranquillità psichica facendo concretamente temere allo stesso per la propria incolumità e di coloro che lo circondano, integrando pienamente gli estremi del reato di stalking.È, difatti, ben possibile rilevare come, navigando in rete vi si ritrovino delle informazioni diffamanti sul Marzaduri. Il tutto appare ingiusto dal punto di vista umano, ma soprattutto lesivo dei diritti costituzionalmente garantiti. È, nondimeno, compito del nostro ordinamento tutelare l’immagine di ogni singolo cittadino, quale portatore di diritti costituzionalmente garantiti (a dimostrazione di ciò si allegano alla presente gli screen estratti dal social network, nonché le registrazioni delle telefonate infanganti). Alla luce di tale relazione e verificando numerosi dati presenti sul mio cellulare, tra cui files audio video e immagini, ho potuto constatare che effettivamente il mio dispositivo veniva gestito completamente da altre persone che entravano in contatto con clienti e persone a me vicine tramite e-mail, chiamate vocali e messaggistica, avendo appunto preso piena gestione del mio dispositivo. Inizialmente credevo si trattasse di terzi ma in realtà scopro adesso in base a ulteriori tentativi di intromissione riconducibili a Graziano Menghi, tramite minacce da parte dello stesso, e ulteriori attacchi hacker svolti persino a carico del mio Avvocato Difensore di fiducia Daniele Bertaggia del foro di Ferrara, documentati nell’ulteriore perizia dott. Stefano Antonio Amico, analista informatico forense iscritto all’Albo dei Periti del Tribunale di Catania.La vicenda sopra esposta rientra nella categoria dei cosiddetti “Reati Informatici”, ossia reati compiuti per mezzo o nei confronti di un sistema informatico, cioè un personal computer, ovvero di un sistema telematico, cioè una rete di computers. Rispetto ai delitti informatici, il legislatore è intervenuto con la lg. n. 547/93, per introdurre nuove figure di reato nel codice penale; con la lg. 269/98 e 38/2000 per punire la pedopornografia; con il d.lgs 196/2003 per punire la violazione della privacy; con la lg 128/2004 per la tutela del diritto d’autore; con due d.lg, nel 2001 e nel 2005, poi convertiti in legge, per prevenire e contrastare il terrorismo internazionale; altre fonti sono riscontrabili per la regolamentazione dell’ecommerce, della proprietà industriale, e delle scommesse online.In particolare il primo comma dell’art. 615 ter c.p. prevede che: “Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.”La norma va a disciplinare la lesione del domicilio informatico e secondo una tesi avanzata in dottrina, il legislatore mirerebbe ad introdurre la figura del «domicilio informatico» inteso come un’espansione ideale dell’area di rispetto pertinente al soggetto interessato. Ciò che si vuole tutelare sarebbe quindi una sorta di privacy informatica, ancor prima di verificare se siano state attaccate l’integrità e lariservatezza dei dati.L’accesso abusivo si concretizza non appena vengono superate le misure di sicurezza del sistema, infatti l’art. 615 ter c.p. punisce la semplice intrusione ancor prima di valutare l’ipotesi di danneggiamento o furto dei dati.Inoltre detta condotta viola la privacy accedendo in maniera illegittima al mio dispositivo e sostituendosi a me nelle conversazioni e nei rapporti con i miei contatti telefonici, disponendo in maniera illecita dei dati presenti sul mio dispositivo al fine di diffonderli ed utilizzarli senza il mio consenso.Controllare il telefono altrui non solo incide sul bene primario dell’autodeterminazione della persona nella sfera delle relazioni umane, ma “è una violazione del diritto di riservatezza”.Accedere senza autorizzazione ad un dispositivo col fine di monitorare da remoto senza disporre dell’accesso fisico al cellulare in questione e ottenere quindi il report della attività dello smartphone è assolutamente illegale e lesivo della mia sfera privata e personale, tanto da riflettersi in maniera negativa sui miei rapporti di lavoro.Inoltre tali condotte sembrerebbero rientrare nella fattispecie ex art. 617 c.p. “Chiunque, fraudolentemente prende cognizione di una comunicazione o di una conversazione, telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o comunque a lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce è punito con la reclusione da sei mesi a quattroanni.”A tutto quanto sin qui richiamato ed espresso si riportano tutte le querele già precedentemente e formalmente depositate nei confronti dei soggetti richiamati, con particolare riferimento soprattutto alla Sig.ra Ilaria di Roberto, la quale non si è riservata nemmeno di offendere la collaboratrice dello scrivente, fino a costringerla a sporgere formale querela.Le diffamazioni della Di Roberto vengono perpetrate anche e soprattutto sulla sua pagina Facebook https://www.facebook.com/violenzapsicologicailaria/, laddove vengono perpetrate delle vere e proprie offese all’onore ed alla reputazione dello scrivente. Pertanto se ne chiede l’intervento delle autorità competenti affinché provvedano ad oscurarne il contenuto.Espressamente si chiede, per la tutela dello scrivente, che venga disposto l’oscuramento del sito marcomarzadurifalsopsicologo.comAncor più le condotte del Sig. Menghi sono volte a coinvolgere soggetti terzi con velate minacce di azioni giudiziarie nei loro confronti e questo al solo fine di arrecare nocumento al Marzaduri. Non fermandosi qui il Menghi sta contattando svariate persone tratte dalla rubrica del Marzaduri cercando, anche tramite minaccia a suddette persone, di diffamare, denigrare lo scrivente al fine di adescarele per denunciare ingiustamente il Marzaduri. In allegato una registrazione segnalata da una conoscente del Marzaduri che si è trovata contattata dal Menghi Graziano in data 3 Gennaio 2020. Ebbene si ritiene che tali condotte debbano necessariamente inquadrarsi nella fattispecie di cui all’articolo 612 bis cp, in quanto minano la serenità del Marzaduri, il quale, ad oggi, vive in una situazione di estremo sconforto, stante la guerra mediatica a cui è sottoposto. Per queste ragioni si chiede l’intervento delle autorità competenti anche per mezzo di misure cautelari che possano in qualche modo porre fine a tali ingiustizie.
CONSIDERAZIONI GIURIDICHE
La dottrina già nel 1999 aveva individuato il modello in grado di identificare obblighi giuridici posti a fondamento di una responsabilità concorsuale ex art. 110c.p. per contributo omissivo di partecipazione richiamando il sistema delineato dalla legge sulla tutela dei dati personali ex legge n. 675 del 1996, in virtù dell’ampia definizione del concetto di ‹‹trattamento›› e dell’ampia definizione della locuzione “dati personali”. Autorevolmente si era sostenuto che potesse sussistere responsabilità a titolo di omissione per l’offesa all’altrui reputazione realizzata tramite la diffusione di dati sensibili se i dati fossero stati trattati e conseguentemente resi accessibili ai terzi in violazione delle prescrizioni imposte dalla normativa (previo consenso del titolare dei dati, notifica o autorizzazione delle autorità competenti), se la condotta oltre a ledere la riservatezza ledesse anche l’onore e la dignità della persona offesa. Proprio sotto il profilo causale, quindi, il fatto di reato sarebbe addebitabile a tutti i concorrenti laddove esso non si sarebbe realizzato concretamente con quelle modalità, essendo irrilevanti “i processi causali ipotetici che avrebbero eventualmente operato al posto di quello reale”, bensì emergendo le modalità di propagazione così comeverificatesi e accertate hic et nunc.Sotto il profilo psicologico, si osserva come invece sia sufficiente anche in tema di diffamazione il semplice dolo eventuale da intendersi come minima consapevole accettazione del rischio. Ciò non significa che sia sufficiente dimostrare la semplice supposizione del fatto illecito altrui che può rappresentare solo un neutro segnale di allarme, essendo necessaria la prova dell’effettiva rappresentazione della diffamazione in capo all’autore fondata, ad esempio, sui seguenti elementi: evidenza del contenuto diffamatorio, il tempo di permanenza nel sistema ecc.ecc.Quindi costituendo, in maniera evidente, i superiori fatti reati previsti e puniti dal codice penale, chiedo la punizione del colpevole riservandomi sin d’ora di costituirmi parte civile nell’instaurando processo penale e di essere informato qualora la SV. decidesse di richiedere l’archiviazione e ciò al fine di proporre eventuale opposizione. Ai sensi dell’art. 459 c.p.p. dichiaro di oppormi all’eventuale richiesta di emissione di decreto penale di condanna che potebbe proporre il Pubblico Ministero procedente.